giovedì 22 dicembre 2011

L'influenza di bambini speciali in famiglia

La famiglia di fronte alla disabilità


In che modo la presenza di un bambino disabile influenza le relazioni familiari, le vite dei genitori e dei fratelli, il benessere generale della famiglia? Quali sono gli aiuti che la società può offrire? Il libro cerca di rispondere a queste domande presentando i risultati di una ricerca condotta su 91 famiglie di bambini con disabilità della scuola dell'infanzia e di quella elementare. Sulla base di un approccio non patologizzante, che considera la vita di queste famiglie un fenomeno complesso, difficilmente riconducibile a modelli interpretativi unidirezionali, le autrici hanno valutato l'adattamento a seguito della nascita di un bambino disabile, la percezione della situazione in rapporto ai livelli di impegno nella cura, le strategie di coping messe in atto, i diversi aspetti della rete di supporto sociale e il grado di soddisfazione espresso nei confronti dei servizi. Il testo non solo tratteggia la realtà italiana delle famiglie con un bambino disabile, ma presenta anche i principali filoni di studio che hanno orientato e orientano le scelte e l'agire degli operatori, delineando alcune linee di intervento per il supporto familiare. Unico nel panorama italiano su un argomento così cruciale, il volume è rivolto a tutte le persone (genitori, psicologi, insegnanti e operatori del settore) che per motivi professionali e personali si confrontano con gli effetti della disabilità nel contesto familiare.

mercoledì 21 dicembre 2011

Libro



Un libro per dare speranza
alle famiglie con figli disabili
Nasce dall’esperienza della famiglia Castellani di Gragnano il volume “Verso il cuore”


Chi si aspetta di leggere la biografia di Simone Castellani, il ragazzo di Gragnano - oggi 15enne -, cerebroleso dalla nascita, che grazie al metodo Doman, la caparbietà dei suoi genitori e un folto gruppo di volontari sta imparando a camminare, rimarrà deluso. Perchè l’obiettivo della famiglia nel dare alle stampe il libro “Verso il cuore” - scritto dalla zia Stefania Bettaglio - non è quello di celebrare i successi di Simone. “Desideriamo che la nostra esperienza - raccontano mamma Claudia e papà Sandro - possa essere d’aiuto ad altri genitori con figli disabili. È un progetto di informazione. Ma, soprattutto, di speranza”.

Simone, che a 5 anni era come un neonato
La diversità come valore, non come limite. Il filo conduttore delle 125 pagine che compongono “Verso il cuore” si dipana a partire dal racconto della nascita di Simone per approdare alla rivoluzione in cui tutta la famiglia Castellani-Bettaglio è stata coinvolta al momento della scoperta – a otto mesi d’età - che Simone non cresceva come i coetanei, non faceva progressi. La diagnosi è terribile, come terribili sono le parole pronunciate dai medici. Simone è ipotonico, affetto da una grave forma di immaturità muscolare. È condannato insomma a una vita da vegetale. E difatti come un neonato vive fino a cinque anni: porta le tutine intere, non ha ancora abbandonato il pannolone.  La “scossa” - come la definisce mamma Claudia - avviene seguendo al tg la notizia del ritiro del calciatore del Milan Papin, per seguire la figlia cerebrolesa con un metodo americano, inventato da un neuropsichiatra di Philadelphia. È il classico tarlo che inizia a rosicare, la scoperta della “strada” adatta a Simone. Una strada in salita, che richiede tanto impegno extra, impossibile senza l’aiuto di volontari.

Gli “angeli-volontari”
E così Sandro e Claudia fanno il secondo passo: per il bene di Simone, chiedono aiuto, raccontano pubblicamente la loro situazione. Si inizia con un avviso in chiesa dopo la messa da parte del parroco. Poi vanno in tv. La gente telefona, arriva. Più di quanta ci si aspettasse. Un esercito di una trentina di volontari, dai 40 ai 70 anni. “Ricordo benissimo – dice Claudia - il giorno in cui suonò il campanello di casa un distinto signore coi capelli bianchi per offrire il suo aiuto. «Ho 70 anni, se le telefonavo e le dicevo l’età temevo mi avrebbe detto di no – mi disse -. Sono venuto per farle vedere che posso dare il mio contributo». È diventato uno dei nostri più cari amici”.

Dalle leggi alla cucina
La testimonianza dei ribattezzati “angeli volontari” è solo uno dei capitoli che compongono “Verso il cuore”. C’è un’utile sezione sulle leggi in vigore, perchè le famiglie non siano costrette a diventare esperte anche di burocrazia. “Non sapevamo che si poteva ottenere l’esenzione dal bollo dell’auto, avere certi ausili gratis”, esemplifica Claudia. Ora, una prima infarinatura sulla legge 104 e su altre opportunità è messa nero su bianco in modo fruibile e semplice. C’è il capitolo con i “consigli utili” per trovare volontari. Ci sono perfino delle ricette, testate con l’aiuto di una cuoca professionista, che vanno incontro ai bisogni delle persone disabili, spesso affette da mille intolleranze alimentari. E c’è il capitolo “Dalla parte di mamma Claudia”, con le domande più frequenti che le vengono poste, la riflessione sulle paure e sui dubbi che colgono anche il genitore più determinato. Ma pure la forza dell’amore che sprigiona da una coppia unita, capace di aprirsi ancora alla vita, regalando a Simone una sorella, Carolina, che oggi ha sei anni.  “Non vogliamo portare la nostra esperienza a modello, non vogliamo illudere nessuno presentando i progressi che Simone ha fatto – precisa Claudia -. Vogliamo solo mettere altri genitori nella condizione di avere sul tavolo tutte le informazioni possibili, perchè poi ciascuno scelga la propria strada”.  Le persone sono diverse, non c’è una ricetta che vada bene per tutti. C’è però un minimo comune denominatore in tutti i genitori, ed è questo che il libro vuol promuovere, come spiega l’autrice, Stefania Bettaglio, la sorella di Claudia. “È il desiderio di una vita più dignitosa per tuo figlio, tuo fratello, sorella, amico, nipote... - riflette -. Il nostro è un libro per chi crede nelle potenzialità e nelle risorse che questi meravigliosi esseri di luce racchiudono”.

“Ciò che ho imparato dal sorriso di Simone”
“Il messaggio che vogliamo lanciare - conclude Stefania - è di non arrendersi, di mettersi in gioco perché ognuno possa trovare il suo percorso. Senza vergognarsi di chiedere aiuto”. Perchè se i volontari sono indispensabili alla famiglia per alleggerire il peso di un’assistenza che dura 24 ore al giorno, il rapporto che si crea va ben oltre lo slancio di solidarietà. Nasce un’amicizia, si diventa “di casa”. E - mentre si dona - si riceve.  “Quando ho deciso di iniziare questo cammino con Simone ero in un momento particolare, molto scossa per un lutto che mi aveva colpito - racconta nel libro Lella Adami, una delle volontarie -. Molti anzi mi sconsigliavano, mi dicevano che non sarebbe stato facile per me avvicinarmi a un’altra sofferenza. Invece devo molto a Simone. La sua solarità, la sua gioia, la sua simpatia e la sua grande voglia di fare le cose, a volte per lui molto pesanti e difficili, ha alleggerito in parte la mia angoscia. Con lui ho riso, e spesso ho pianto. Il suo sorriso mi porta ad abbracciarlo stretto e come d’incanto - dice - tutto passa”.
Barbara Sartori



 Estratto da Cultura & Società ilnuovogiornale, Venerdì 11 febbraio 2011



lunedì 19 dicembre 2011

Per riflettere...

"La cura" di Franco Battiato

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te

venerdì 16 dicembre 2011

Cambiare prospettiva





"Non credere che le gioie della vita 

vengano soprattutto tra le persone.
Dio le ha messe tutte intorno a 
noi. Sono ovunque. In tutto ciò
di cui possiamo fare esperienza.
Abbiamo solo bisogno di cambiare
il modo di guardare le cose."

Into the Wild


Articolo

IL NEONATO DISABILE? E' SOLO UN PESO: ELIMINIAMOLO!

Negli Stati Uniti si teorizza di lasciare ai genitori la decisione di far morire il figlio se la sua vita sarà minata da malattia o handicap
di Carlo Bellieni

Davvero le richieste di leggi per accelerare il fine vita dei pazienti gravi vanno nell'interesse del paziente? O c'è un difetto che le mina alla base? C'è chi mostra il lato nascosto della medaglia. Si tratta di un articolo sull'ultimo numero del prestigioso American Journal of Bioethics, intitolato «Una vita in grado di dare? La soglia per la sospensione delle cure ai neonati disabili», di Dominic Wilkinson, docente all'Università di Oxford. L'autore spiega così il suo pensiero: «In alcuni casi per i genitori e i medici è giustificabile decidere di lasciar morire un bambino, anche se la sua vita meriterebbe di essere vissuta». Avete capito bene: non si tratta di lasciar morire chi avrebbe poi una vita tutta fatta di sofferenza (anche se non si capisce chi decida chi misuri la sofferenza altrui e anche se sappiamo bene che le cure inutili possono essere rifiutate); ma addirittura chi avrà una vita che anche questo tipo di filosofi reputa «accettabile», seppur minata da una malattia. In quali casi?
Sostanzialmente quando i genitori sentono eccessivo il peso dell'assistenza al bambino malato. Insomma: uno sbilanciamento della bilancia della giustizia a favore dell'adulto e a spese del bambino; prevale il criterio «del peso sui familiari e sull'economia generale». E, come Wilkinson spiega, questo criterio è già preso in considerazione nei protocolli – e ne esistono – che lasciano al genitore molta discrezionalità sulla vita del neonato prematuro o sofferente.
Ovvio che i genitori debbano essere sempre e bene informati, e che possano scegliere il meglio per il loro figlio; ma questo non significa che possano decidere di lasciarlo morire se ci sono ancora serie speranze, perché loro non ce la fanno più in previsione di un handicap del piccolo; oltretutto alla nascita mancano il tempo e la serenità per un'informazione corretta. E come ameremmo che chi stende protocolli partisse inesorabilmente dalla richiesta di aiuti per le famiglie dei malati. Ma anche quando i protocolli sono meno «evoluti», le cose non ci rassicurano. «La visione ufficiale prevalente – dice Wilkinson, spiegando di volerla superare con quanto finora detto – è che il trattamento può essere sospeso solo se il peso della vita futura supera i benefici». E cita vari protocolli che invitano a fare un conto tra vantaggi e svantaggi e se i secondi sono maggiori dei primi la cura può essere arrestata.
Anche qui è chiaro come l'interesse del paziente sia trascurato: una vita triste con più sconfitte che vittorie è frequente, e non per questo non merita di essere vissuta. Perché per i neonati tante finte cautele in molti protocolli?
Non si farebbe mai per un adulto il conto a tavolino dei pro e dei contro: invece in diversi Paesi il padre può decidere di non iniziare le cure salvavita per i neonati (e non ci dicano che «il padre è sempre il miglior tutore degli interessi del piccolo»: tanti episodi di cronaca lo smentiscono). Cos'hanno i neonati meno degli adulti? E cosa hanno gli adulti disabili mentali meno degli altri, dato che anche a loro vengono riservate meno cure che agli altri, come ben mostrava la rivista Lancet nel luglio 2008?
Esistono davvero delle vite non «in grado di dare»? Noi «sani» pensiamo di aver in mano il giudizio su quale vita lo sia; finché qualcuno non giudicherà che la nostra non lo è più.
Fonte: Avvenire, 14/04/2011

mercoledì 7 dicembre 2011

Poesia

i è mai capitato di chiedervi 
come vengono scelte
le madri di figli “speciali”?

Il Signore da istruzione ai suoi Angeli:
"Giovanni e Francesca, un figlio.
Santo Protettore Matteo".
"Carlo e Laura, una figlia.
Santa Protettrice Cecilia".

Poi, passando un nome all'Angelo,
sorridendo dice:
"A questa doniamo un figlio
handicappato!".

L'Angelo un po' titubante controbatte:
"Perché proprio a questa, mio Dio?
E' così felice!"

"Appunto! - risponde Dio sorridendo -
Potrei mai dare un figlio
handicappato ad una donna
che non conosce l'allegria?
Sarebbe una cosa crudele!".

"Ma ha pazienza?",
s'informa l'Angelo.

"Non voglio che abbia
troppa pazienza,
altrimenti affogherà in un mare
di autocommiserazione e di pena…
Una volta superato lo shock
e il risentimento, di sicuro ce la farà".

"Ma…, Signore… io penso che quella donna non creda nemmeno in Te".
Dio sorride:
"Non importa, posso provvedere.
Quella donna è perfetta.
E' dotata del giusto egoismo!".

L'Angelo resta senza fiato: "Egoismo? Ma è una virtù?"

Dio annuisce.
"Se non sarà capace di separarsi ogni tanto dal figlio, non sopravviverà mai.
Si, ecco la donna a cui
darò la benedizione
di un figlio meno che perfetto.
Ancora non se ne rende conto,
ma sarà da invidiare.
Non darà mai per certa una parola,
non considererà mai che un passo
sia un fatto comune
e quando il bambino dirà "mamma"
per la prima volta,
lei sarà testimone di un miracolo e
ne sarà consapevole.
A lei consentirò di vedere chiaramente
le cose che vedo Io:
ignoranza, crudeltà, egoismo
e le concederò di elevarsi
al di sopra di esse.
Non sarà mai sola,
io sarò al suo fianco
ogni giorno della sua vita,
poiché starà facendo
il mio lavoro infallibilmente,
come se fosse al mio fianco".

"E per il Santo Protettore?",
chiede l'Angelo.
Dio sorride ancora:
"Le basterà uno specchio!".
Poesia regalata da un' insegnante ad una mamma di un bambino speciale.
Tratto dal link:  aifa

sabato 26 novembre 2011

Come intendiamo la disabilità

 Abbiamo l'abitudine di pensare alle persone disabili identificandole con la loro caratteristica più evidente: la disabilità.
Moscovici ci dice che quando una caratteristica di un individuo non corrisponde a ciò che ci si aspetta di vedere, sulla base di abitudini condivise, la associamo a qualcosa o a qualcuno di cui già si possiede una rappresentazione. Da queste basi si formano pregiudizi e stereotipi.

L'Organizzazione mondiale della sanità, spinge a considerare la disabilità non soltanto una caratteristica della persona, quanto come una situazione che la persona vive in un determinato ambiente, che a quel deficit dà dei significati e che a quel trauma predispone concretamente modalità di accoglienza, che possono andare dall'accettazione alla completa negazione.

Riflessioni


La nascita di un bambino è sempre un evento speciale. Ogni mamma è al settimo cielo quando riceve tra le sue braccia il suo piccolo pargolo appena nato. Questo sentimento di gioia, accade anche se i medici ti dicono: "suo figlio ha dei problemi di disabilità." ? Se, come del resto succede in questi tempi, sei avvisato durante la gravidanza, al momento della nascita sei già preparato al fatto, se non lo è il tutto può essere molto difficile.



Cosa passa nella testa di un genitore in questi momenti? C'è chi lo ama fin da subito, chi addirittura più degli altri proprio perché è speciale, chi ha un rifiuto iniziale ma poi lo riesce ad accettare, chi entra in crisi o perde la fede... Certe persone si interrogano sul perché è dovuto succedere proprio a mio figlio ma poi si rendono conto che sono state fortunate.

venerdì 18 novembre 2011

Sito interessante

Molto interessante questo link: Disabilità

Questo è il mio primo post


In questo blog vi parlerò dei sentimenti che provano  i genitori quando viene alla luce un bambino con disabilità e di come vivono questo evento.