mercoledì 22 febbraio 2012

La famiglia

A partire dagli studi di Farber (cit. in Zanobini M., Manetti M., Usai, 2002) alla fine degli anni cinquanta, si è sviluppato un filone di interesse scientifico per lo studio della famiglia del disabile; la famiglia è gradualmente tornata protagonista della gestione del minore disabile e da parte della comunità scientifica è cresciuto l'interesse per una valutazione dell'impatto della disabilità sul sistema familiare.

Come spesso accade, questo cambiamento ha anche una matrice culturale, che in ambito psicologico risiede nel ritenere lo sviluppo dell'individuo come strettamente dipendente dal contesto affettivo di appartenenza. Alcune teorie psicologiche a partire dagli anni sessanta hanno sottolineato la funzione fondamentale della relazione madre bambino nel favorire lo sviluppo sano del neonato. La teoria dell'attaccamento (Bowlby, 1969) ha fornito ampi argomenti a sostegno dell'importanza della qualità delle relazioni primarie nello sviluppo psicologico degli individui, sottolineando la precocità con cui alcuni assetti psicologici si formano a partire dallo stile relazionale delle figure di accudimento.

Nel caso delle persone disabili dalla nascita, ci troviamo di fronte ad una situazione particolare: la condizione di sofferenza non emerge in tempi dilatati, non ha momenti di gestazione o di latenza. La disabilità prorompe, improvvisa e spesso inaspettata, un evento traumatico che segna un'esistenza e ne condiziona inevitabilmente altre.

La maggior parte delle persone cresce con un fratello o una sorella; approssimativamente 80% dei bambini disabili ha un fratello o una sorella. 
Nessuno conosce la tua vita meglio di un fratello che ha quasi la tua età. Sa chi sei e cosa sei meglio di chiunque altro. Mio fratello ed io ci siamo detti delle cose imperdonabili l'ultima volta che ci siamo visti e sto cercando di buttarmele alle spalle, e questo viaggio è duro da mandare giù per il mio orgoglio, ma spero di non arrivare tardi. Un fratello è un fratello.
(Dal film Una Storia Vera di David Linch, 1999)
Una caratteristica tipica del legame fraterno è la sua estrema ambivalenza: presenta infatti caratteristiche opposte, quali reciprocità ed asimmetria, condivisione e complementarietà, rivalità ed alleanza, invidia ed amore profondo.
La rivalità è la dimensione più studiata storicamente; a tale proposito intense esperienze emotive di gelosia ed invidia si presentano frequentemente e vengono spesso confuse o ritenute molto simili. 
In realtà la gelosia è una forte risposta alla minaccia di perdere la persona amata per l'intrusione di un terzo individuo (rivale) tipico dei contesti triangolari e spesso nel caso dei fratelli riguarda la contesa dell'amore materno.
L'invidia è un sentimento ancora più intenso, nato dalla percezione di essere inferiori, fomenta il desiderio di impossessarsi di una condizione di vita migliore, impedendo agli altri di fare lo stesso; l'invidia può subentrare tra due individui.

giovedì 2 febbraio 2012

L'annuncio della nascita

L'annuncio ai genitori della nascita di un bambino disabile, o comunque con "problemi" rispetto alla salute di un bimbo neonato, è un momento assai duro, delicato e che rimarrà nella memoria del nucleo famigliare. Dopo l'annuncio ci sono esigenze di tipo informativo sulle caratteristiche delle varie patologie, sulle risorse alle quali si può attingere e sui diritti che tutelano la persona disabile. Cambiano le prospettive che la famiglia si era fatta con l'attesa del proprio figlio.
Ma tante sono le testimonianze di famiglie con un bambino disabile che hanno riscoperto valori ed equilibri affettivi a cui non sarebbero più disposte a rinunciare. 
Kenzaburo Oe (1995), premio Nobel per la letteratura, in un libro in cui racconta la propria esperienza di vita con il figlio disabile, così si esprime al riguardo:
Venticinque anni fa, il mio primo figlio nacque con una malformazione cerebrale, e naturalmente questo per me fu un colpo durissimo. Tuttavia, devo riconoscere che il tema principale attorno al quale ha ruotato tutta la mia attività di scrittore è stato proprio il modo in cui la mia famiglia ha impostato la convivenza con questo membro "diverso". Anzi devo ammettere che ciò che penso della società e del mondo, e addirittura di ciò che li trascende, si basa sulla mia vita con lui. (Oe, 1995)

martedì 24 gennaio 2012

Diversità

Ciascuno è singolarità
prezioso essere individualità.

Ama la tua diversità
il sentire come alterità
né disprezzare mai il prossimo tuo
come se fossi centro di un mondo che
non ti appartiene.

Vivi amando accogliendo,
sebbene tu pianga non riamato.

Ama chi vive e per te soffre
solo perché ha occhi diversi
un corpo una mente altra da te.

Ama incondizionatamente chi implora
e con coraggio nel silenzio prega
che possa giungere in quiete la sera.

Ama la tua malattia non come sconfitta
ma come prova e sacrificio della vita.

Ama chi dirà male di te e morirà
perché non gli porgerai mai la mano.

Ama il tuo fratello che il suo male
trasforma in generoso altruismo
perché con sguardo nuovo egli possa guardare,
riabilitando la fede nel domani.




lunedì 16 gennaio 2012

Up not down

Quando tutto accadde non ti accettai
chiedendo a Dio di cambiarti e di guarirti
mentre guardavo i tuoi occhi a mandorla ancora chiusi.
Ma poi quando apristi quei meravigliosi occhietti vispi ed
enormi
e mi guardasti fisso negli occhi con quello sguardo
profondissimo
cercando solo sorrisi ed amore con quello stupore e candore
che solo i bimbi hanno,
completamente indifesa e minuscola,
fu come se Gesù stesso mi dicesse: “Ecco una delle mie
creature e figlie
predilette! Te l’affido, abbine cura!”
In quel momento, mentre mi fissava, capii che non era lei
mancante
ma io;
oltre ad avere un cromosoma in più
aveva qualcos’altro che noi “normali” non abbiamo.
Da quel giorno
non ho più pregato Dio che ti cambiasse
ma che Egli continuasse a cambiare noi
tramite te!
Il regno dei cieli è dei bimbi”
Benedetto sei Signore perché hai nascosto queste cose ai
potenti
ma le hai rivelate agli umili”.

Oggi se potessi tornare indietro
ed avessi la facoltà di scegliere mia figlia,
chiederei di riavere Micol (“Nessuno è come Dio”).

24 novembre 2009
Lino.




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domenica 15 gennaio 2012

Alice: la mia bimba super

La sua nascita mi ha portato una gioia immensa (…) Alice alla nascita pesava 3,800 kg, grande diceva il mio ginecologo quando mi controllava durante la gravidanza; alla mia domanda insistente e ripetitiva di ogni mese: “dottore guardate bene tutto perché io ho paura delle sdD, se è il caso di fare l’amniocentesi, io la faccio.”, lui mi diceva sempre, non mi scorderò mai delle sue parole: “Tua figlia è grande, è una porcellina, è alta e non c’è nessun segno che faccia pensare a questo” perché continuava dicendo “i bambini Down sono piccoli, non sono come Alice.” (…) Per la gravidanza di Alice ho avuto sempre la stessa paura, ci pensavo sempre cosa che con Vincenzo non l’ ho mai fatto non so perché.

Nella mia vita non avevo mai visto un bimbo Down piccolo, poi per caso gli ultimi mesi della gravidanza, incontrammo una bella famiglia che avevano nel passeggino un bimbo piccolo Down, io ebbi paura e mi girai di botto però notai che avevano dei sorrisi immensi stampati in faccia i suoi genitori, giovanissimi, dopo io ci pensavo sempre. (…)
Quando ho partorito la guardai e mi rassicurai; ero strafelice poi dopo un po’ chiesi se era sana e le infermiere mi dissero di si. Dopo due giorni il dubbio dei medici ci fece crollare il mondo addosso, le mie paure erano segni. Dopo 15 giorni la conferma data nel corridoio da un pediatra che aveva un sorriso con 32 denti in mostra ed io scioccata che non riuscivo a piangere mentre lui: “è una bimba come tutte le altre, potrà fare tutto…”.
Io mi sono sentita strappare il cuore e nello stesso tempo stringevo la mia piccola a me. Mi sento morta dentro e non c’è niente che mi può far felice.


Da quel giorno però guardo Alice, la vedo stupenda e non riesco ad immaginare la mia vita senza di lei, se Dio venisse da me e mi dicesse: “te la cambio io” no, è mia è lei che volevo, è come la immaginavo. Amo alla follia Alice ed è solo lei che voglio.

La tua mamma, il tuo papà e Vincenzo
 
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sabato 14 gennaio 2012

Trisomia 21

"Inizio dicendo che oggi ringrazio Dio per avermi donato il mio ometto, e che sono la mamma più felice del mondo, anche se non la pensavo così inizialmente. Una gravidanza stupenda, senza problemi, tranne che per la translucenza nucale...misurazione poco al di sotto dei limiti della norma. Non ho fatto l'amnio, ed oggi ne sono felicissima! perchè il mio ginecologo non la riteneva necessaria è tutto apposto diceva, mi sono fidata. (...) nasce Roberto, l'infermiera me lo fa vedere un attimo, solo un bacio...Me lo portano in camera, lo guardo e dico c'è qualcosa che non va tutti mi prendono per pazza.

Il giorno dopo un nuovo pediatra visita tutti i bambini del nido, viene da me con il mio cucciolo, si siede e mi dice signora ho visitato suo figlio, è un bel bambino, sta bene, solo che noi abbiamo il sospetto di una trisomia 21.
Sono entrata in un'altra dimensione, pensavo fosse un'incubo e che di lì a poco mi sarei risvegliata e nulla sarebbe stato vero. Preso il mio cucciolo tra le braccia, l'ho stretto a me ed ho pianto tanto al pensiero di come sarebbe stata la nostra vita da quel momento in poi. 

Lo guardavo, lo amavo, lui era mio figlio, nulla sarebbe cambiato, ma pensavo Dio dove sei? Perchè proprio a me?
E' arrivato mio marito, gli ho ho detto tutto...ci siamo stretti in un abbraccio io, lui e nostro figlio, abbiamo pianto insieme, ma abbiamo capito che noi da quel momento saremmo stati una famiglia, che avremmo protetto il nostro cucciolo per tutta la vita e che quell'esserino così fragile ci avrebbe dato la forza di affrontare la vita. 

Oggi il mio ometto è un bambino pieno di vita, solare, testardo ma dolcissimo. Non nego che il futuro mi fa paura, ma per ora vivo il presente con la consapevolezza che la nostra vita è cambiata...cambiata in meglio!
Il mio cucciolo così piccolo mi ha insegnato a non pensare a ciò che dice la gente e a camminare a testa alta perchè sono fiera di lui...fiera di essere la mamma di Roberto.

Mamma Rossella e Papà Marco

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venerdì 13 gennaio 2012

Il nostro contributo

"L'unica grande sofferenza che ricordo legata ai giorni della tua nascita è stata quella di non poterti vedere subito. Dopo il cesareo ero troppo debole per alzarmi e nel nostro ospedale non si usava portare i bambini alle mamme. (...) Nessuno dei medici si era presa la responsabilità di comunicarci quantomeno il sospetto della sindrome di Down. Due giorni interi...interminabili. Ero debolissima. Poi finalmente ce l'ho fatta. (...) Ti ho riconosciuto subito, eri il più bello di tutti i neonati del nido. Ti ho preso in braccio ed ho provato, per la seconda volta quella fantastica ed incredibile sensazione che si prova quando si stringe al petto per la prima volta un figlio. Brividi, calore, AMORE. (...) Benvenuto tesoro, sei stato un dono desiderato per anni. (...) Sei stato un dono bellissimo ed ancora più bello perchè raro, perchè ci hai aperto gli occhi e ci hai fatto crescere, perchè ci hai insegnato tante cose e tante altre ce ne insegnerai. Hai cambiato la nostra vita, certo l'hai resa un pò più movimentata, ma ci hai fatto comprendere il suo vero senso, quello che ti permette di riconsiderare tutto attraverso una magica lente che cancella tutto ciò che è poco significativo per calcare i contorni delle sole cose importanti. "

Sei stato, sei e sarai sempre il magnifico caleidoscopio attraverso il quale, da quel 13 agosto, oggi guardiamo il mondo. 


Mamma, papà e Simone

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